Il counseling e la logoterapia - Il senso esistenziale

Approfondimenti sulle opportunità di sviluppo & liberazione

 “Il mio modello di uomo non è spinto dall’istinto,
ma […] attirato dai valori. […]
I valori mi attirano, non mi spingono.
Per la loro realizzazione mi decido con libertà e responsabilità,
mi risolvo per essi, mi apro al loro mondo; […]
la dinamica dello spirituale non è fondata sull’istintività, ma sulla tensione ai valori”
(Frankl)

IL SENSO ESISTENZIALE E LA LOGOTERAPIA DI VIKTOR FRANKL
A proposito di dipendenze (in generale), desidero iniziare a parlarvi di Viktor E. Frankl raccontandovi un episodio che narrava spesso ai suoi uditori e che trovo indicativo. Un uomo incontra per strada il medico di famiglia, che si informa del suo stato di salute. Immediatamente il medico si accorge che il suo paziente è diventato un po’ duro di orecchi. “Probabilmente lei beve troppo; smetta di bere e potrà sentire meglio“, gli consiglia. Alcuni mesi più tardi i due si incontrano nuovamente per strada e il medico, per chiedere notizie circa l’attuale stato di salute del paziente, alza la voce per farsi sentire. “Non c’è bisogno di gridare, dottore. Io sento benissimo“. “Certamente lei ha smesso di bere, non è così? Continui con questa cura“. Dopo qualche tempo s’incontrano per la terza volta. Ma di nuovo il dottore deve alzare la voce per farsi capire. «Probabilmente, lei ha ripreso a bere“, dice al paziente. E questi gli spiega: “Ascolti, dottore. Prima bevevo e il mio udito era pessimo. Smettendo di bere, sentivo meglio. Però ciò che sentivo non era così buono come il whisky“.

Ecco il commento di Frankl: “In mancanza di un significato della vita, la cui realizzazione lo avrebbe reso felice, egli ha tentato di raggiungere un tale sentimento di felicità eludendo ogni realizzazione di significato, e quindi ripiegando su un elemento biochimico. In effetti, il sentimento di felicità, che normalmente non viene mai proposto quale fine dell’aspirazione umana, quanto piuttosto risulta essere una manifestazione laterale dell’aver-raggiunto-il-proprio-scopo, un “effetto” secondario, si lascia anche “rincorrere”, e questo è reso possibile appunto dall’alcool etilico”. Leggendo questo aneddoto, a me sorge spontanea la connessione tra vuoto esistenziale e co-dipendenze affettive, sebbene il “riempitivo”, in questo ultimo caso, non sia rappresentato da una sostanza biochimica come l’alcol.

Ecco perché la frase che segue costituì una tappa fondamentale nel mio percorso di “guarigione”:

“C’è qualcosa di magico in te, un talento unico e irripetibile. Sei venuto qui perché hai un compito preciso: arricchire l’umanità con il tuo dono”.

Questa citazione, udita durante una lezione di Counseling, ha cambiato la mia vita. Sì certo, può suonare banale e scontata, perché in effetti è una verità che ogni essere umano probabilmente percepisce dentro di sé, in qualche modo. Tuttavia, da quell’istante, qualcosa è cambiato totalmente al mio interno, ho avvertito un click che ha rivoluzionato il mio scenario, conferendo improvvisamente un Senso a Tutto.

E’ quindi una frase che ripeto sempre alle mie Clienti, dopo che il nodo che mi presentano al loro arrivo è di fatto sciolto, e prima di “lasciarle andare”. Perché trovo che il Counseling sia di ampio respiro, non si accontenta di rimettere a posto qualche pezzetto dell’ingranaggio Uomo perché ritorni a funzionare. E’ premessa del cambiamento, necessario per l’avvio di nuovi percorsi nell’esistenza…

Ma aggiungo sempre che questo Senso bisogna cercarlo, sentirlo, sperimentarlo, perché è facile finire fuori strada. In altre parole bisogna dimostrare alla Vita che lo si vuole scorgere e viverlo a tutti i costi (nell’accezione di: con tutto il proprio Cuore e la propria Anima), solo così i pezzi del puzzle della nostra vita inizieranno a comporsi.

Ritengo che oggi sia un’autentica sfida parlare di ricerca di Senso Esistenziale. E proprio a Viktor Frankl (Vienna, 1905-1997) va il merito di essersi occupato della questione nell’ambito della psicoterapia, poiché egli era convinto che “non ci potesse essere una psicoterapia senza una teoria dell’uomo ed una sottostante filosofia della vita”. A questo proposito Frankl arrivò scherzosamente ad affermare che il primo vero “psicologo dell’altezza” in tal senso fu l’astronauta americano John Glenn, il quale disse: “Ideals are the verystuff of survival”, ovvero “un uomo può sopravvivere solo se vive mirando a ideali”. Glenn si riferiva all’umanità. L’analisi esistenziale di Frankl, ovvero la sua ricerca del Senso, prende il nome di Logoterapia (da Logos: senso, valori).

Secondo questo filosofo, neurologo e psichiatra austriaco (rinchiuso in diversi campi di concentramento, tra cui ad Auschwitz nel 1944), l’uomo vive principalmente e originariamente nella tensione verso il Senso. L’essere umano è sempre rivolto verso un significato anche se lo si conosce poco (anche Maslow identificava la volontà di significato come la motivazione primaria sottostante al comportamento umano). La vita è una costante ricerca di Valori da realizzare, da vivere e da attuare in determinate situazioni, in quanto il Senso della Vita colma un bisogno fondamentale per la salute mentale (Peter, 2003, 159-160). È sempre più chiaro, infatti, che nell’uomo la mancanza di Senso si traduca in “vuoto esistenziale”. Frankl osservò che la volontà di significato è troppo spesso frustrata e sono sempre più numerosi i pazienti che ne lamentano una grave mancanza, dando luogo ad una non-pienezza esistenziale che è la causa di molte patologie e disturbi. In realtà il vuoto esistenziale in sé non sarebbe patogeno (ma è tipico dei quesiti dell’uomo), tuttavia, quando si concreta in sintomi nevrotici, dà origine alla nevrosi noogena. Perché anche lo Spirito ha bisogno del significato, il ‘Nous’ ha bisogno del ‘Logos’.

I CAPISALDI DELLA TEORIA FRANKLIANA

• I Valori:
I lineamenti dell’antropologia frankliana mettono dunque in evidenza che l’uomo è un essere alla ricerca del Senso nella propria vita e, fin quando egli non realizza questo Senso dell’esistenza, non riceverà mai in dono la realizzazione di sé e delle sue possibilità. Il pensiero logoterapeutico sostiene che è anche la rinuncia alla fissità e al non cambiamento che permette di accogliere questa tensione verso la realizzazione dei Valori. Ma vediamo che cosa egli intende, nel dettaglio, per Valori, senza dubbio uno dei capisaldi della teoria frankliana.

Il significato che ogni essere umano ricerca, e che poi cerca di attuare, è unico e relazionato ad ogni singola persona e ad ogni singola situazione. Questo significa l’unicità dei significati. Perché il compito non è qualcosa di generale, di valido per tutti e per ognuno, di permanente in ogni tempo, ma varia da uomo a uomo, perché corrisponde all’unicità e all’individualità di ciascuno. Per Frankl non esiste un significato universale della vita, ma esistono significati unici di situazioni individuali. “Tuttavia fra queste situazioni vi sono anche di quelle che hanno qualcosa di comune e, conseguentemente, vi sono significati condivisi da esseri umani. […] Piuttosto che essere in relazione a situazioni uniche, tali significati hanno riferimento alla condizione umana”. Ovvero ci sono situazioni tipiche che la società o l’umanità intera deve affrontare, e queste corrispondono, secondo Frankl, a quei significati universali che, cristallizzati, egli definisce Valori.

Il possesso di questi Valori allevia la difficile ricerca, verso cui l’uomo tende, dell’unico significato della propria vita, tuttavia porta con sé alcune difficoltà: mentre il significato della vita è unico, per ognuno, e quindi bisogna semplicemente ricercarlo, i Valori sono molteplici e universali, e a volte può sembrare che entrino in conflitto tra loro. A questo punto Frankl riporta una similitudine dei Valori con delle sfere, proiettate su un piano bidimensionale, le cui ombre s’intersecano. In realtà, le sfere sono tridimensionali e si pongono su livelli diversi, e risalendo al piano tridimensionale non è vero che esse collidono. Riconducendo questo discorso all’ambito dei Valori, se ne può individuare una gerarchia, che va da quelli importanti, ma non fondamentali, a quelli senza cui l’uomo non è capace di realizzare pienamente la sua umanità e il suo significato. A suo parere tre sono le principali direzioni lungo le quali l’uomo può trovare un significato della vita. La prima consiste in ciò che egli fa, nell’opera che crea, e quindi nel lavoro. Frankl parla, a tal proposito, di “Valori di creazione” (qui sono compresi anche i compiti e le responsabilità a livello familiare). La seconda è costituita da ciò che la persona sperimenta e vive, amando pertanto qualcosa o qualcuno: sono i “Valori di esperienza” (la bellezza, l’amore, l’arte). Ma ci si può anche trovare confrontati con una situazione che ci sottrae le due possibilità suaccennate per trovare un significato della vita, una situazione che non si può cambiare. Però, resta ancora la possibilità di trasformare il nostro atteggiamento verso di essa, ossia il nostro atteggiamento e noi stessi. Si tratta dei “Valori di atteggiamento”: questi presuppongono la capacità di soffrire, che non è un’attitudine innata, ma va conquistata perché nessuna situazione della vita è realmente priva di significato; “l’uomo deve acquistarsela, deve guadagnarsela: se la deve soffrire”.

Le categorie dell’Homo Sapiens
Queste categorie di Valori vengono personificate, da Frankl, nei tre tipi di uomo che egli distingue nell’Homo Sapiens:

• L’Homo Faber / Agens, è colui che compie il Senso della sua esistenza dedicandosi ad un lavoro creativo, realizzando, appunto, i Valori di creazione; egli rappresenta ciò che si potrebbe chiamare l’uomo del successo, il quale non conosce che due categorie: il successo e l’insuccesso. Ciò di cui si ha bisogno per realizzare i Valori creativi sono i talenti, presupposto necessario per creare qualcosa. La categoria di Valori di creazione è, dunque, la più “povera” tra le tre, poiché arricchisce l’uomo solo dal punto di vista materiale. Frankl ha lamentato che la società moderna tenda a orientarsi al “risultato” e sminuisca quelli che non sono necessariamente così “di successo e felici” come gli altri.Al contrario, il suo consiglio per condurre una vita felice (e di successo) è non perseguire il successo, ma dedicarsi a qualcosa di più grande di sé e lasciare che il successo arrivi come conseguenza inevitabile di questa dedizione. La felicità non può essere dunque considerata mèta a se stessa, ma è uno scopo che le conferisce autenticità. Se vi è una ragione per essere felici, la felicità scaturisce, automaticamente e spontaneamente. E la stessa cosa vale per il successo e l’autorealizzazione.

• L’Homo Amans dà significato alla sua vita attraverso le sue esperienze, i suoi incontri ed i suoi amori, realizzando così i Valori di esperienza. Per compiere questi ultimi sono necessari elementi che già si possiedono, come, ad esempio, gli organi di senso, attraverso cui esperire la propria vita.

• L’Homo Patiens, è presentato da Frankl come capace di realizzare se stesso nella pienezza del suo significato e della sua umanità. Le categorie a cui fa riferimento l’Homo Patiens non sono quelle del successo e dell’insuccesso, bensì quelle dell’appagamento e della disperazione.

La coppia di categorie su cui si muove l’Homo Patiens si colloca perpendicolarmente rispetto ad ogni etica del successo, dunque l’appagamento e la disperazione non sono legati al successo e all’insuccesso, ma li trascendono, tanto da rendere compatibile l’appagamento con l’insuccesso e la disperazione con il successo. Perché il trionfo dell’Homo Patiens è dato dalla sua capacità di vivere la sofferenza come mezzo di realizzazione del significato della propria vita, come vedremo maggiormente nel dettaglio più avanti. Nella misura in cui l’Homo Sapiens è capace di diventare Homo Patiens, egli trionfa nella sua ricerca di significato e raggiunge il culmine dell’ “autorealizzazione”, che Frankl intende non come fine, ma come conseguenza della realizzazione del significato.

In conclusione, riassumendo, i Valori, nella visione frankliana, costituiscono quei significati universali che caratterizzano le situazioni tipiche che l’uomo deve affrontare. L’assunzione di questi Valori si rivela come un aiuto in più per la ricerca del significato della propria vita. L’uomo, a sua volta, riesce a trovare tale significato tramite la realizzazione dei Valori (di creazione, di esperienza e di atteggiamento), ma è altresì fondamentale comprendere come l’Homo Sapiens possa diventare Homo Patiens, a beneficio della sua ricerca di significato.

– L’Amore – in modo similare Frankl descrive l’amoree ne individua tre diversi atteggiamenti:
1. atteggiamento sessuale, che riguarda l’aspetto esteriore dell’altro: in questo atteggiamento la cosa più importante è l’aspetto fisico dell’altro, che determina un eccitamento sessuale;

2. atteggiamento erotico, che riguarda le qualità psichiche dell’altro: in questo atteggiamento si è innamorati di determinate caratteristiche psicologiche dell’altro, e il coinvolgimento non si limita al fisico, ma si centra più nell’emotività psichica;

3. atteggiamento del vero amore, che riguarda l’aspetto spirituale dell’altro: in questo atteggiamento la persona si sente coinvolta fin nel profondo dello spirito, ed entra in contatto profondo con l’altro. Differentemente dagli altri due atteggiamenti, in questo l’altro è colto nella sua singolarità e unicità.

Da questo emerge come per Frankl il vero amore sia caratterizzato da un’attenzione all’altro in ciò che lo rende unico e irripetibile, e non nelle sue caratteristiche fisiche o psicologiche.

Frankl afferma infatti che proprio l’amore è uno dei modi in cui la persona può realizzarsi. Realizzazione per l’uomo, cioè, è “cercare di protendersi fuori di sé, sia verso un significato da attuare, sia verso un altro essere umano da incontrare nell’amore”. L’amore e la coscienza sono infatti i fenomeni più umani che esistano ed è solo prendendo questi Valori in considerazione che si approda ad un’altra capacità umana di grande rilievo: l’auto-trascendenza, uno degli aspetti che esploreremo nel prossimo paragrafo.

– L’Auto-trascendenza e l’Auto-distanziamento
Per Frankl essere-uomo vuol dire essere fondamentalmente orientato verso qualcosa che ci trascende, verso qualcosa che sta al di là e al di sopra di noi, qualcosa che ci attira fortemente. O più esattamente: l’essenza di questa esistenza umana si trova nel proprio auto-trascendimento. Essere uomo, infatti, significa essere sempre rivolto verso qualcosa o verso qualcuno. L’uomo si protende all’esterno ed effettivamente oltrepassa se stesso e raggiunge il mondo che è pieno di esseri a cui relazionarsi e di significati da realizzare.

Infatti, in base alla concezione di Frankl, la vita acquista un Senso nella misura in cui ci si apre al mondo e verso qualcosa d’altro rispetto a se stessi. Allo stesso modo si può dire che l’uomo realizza se stesso quando si dimentica di sé donandosi a un’altra persona o impegnandosi per una causa esterna a se stesso. Anche secondo Frankl, come l’IO-TU di Buber, è il fatto che un essere viene rapportato ad un altro diverso essere ciò che in definitiva costituisce entrambi (è dunque la relazione di unità con gli altri esseri che permette all’uomo di distinguersi nella sua rilevanza segnata “dalla singolarità, dall’irripetibilità, dalla relazionalità, dalla finitudine”). È la relazione tra un essente ed un altro essente che precede, che è la primaria: ogni essere è dunque un essere-in-rapporto”. La via per il Senso che riempie la nostra esistenza deve, quindi, passare attraverso gli altri, intesi non come mezzo ma come mèta. L’uomo diventa se stesso quando si proietta oltre se stesso e, facendo ciò, si dimentica di sé.

L’esistenza umana diviene dunque autentica soltanto in termini di auto-trascendenza ed è proprio l’auto-trascendenza a costituire il perno su cui poggiano i tre pilastri della concezione antropologica della logoterapia di Frankl: il significato della vita, la libertà della volontà e la volontà di significato. Perché la libertà fa parte delle capacità specificamente umane. Frankl, infatti, scrive: “la libertà potrebbe pienamente svilupparsi. Essa è in realtà un concetto negativo che richiede un completamento positivo. Perché la libertà minaccia di degenerare in pura arbitrarietà, a meno che non sia valutata in termini di responsabilità”. Il completamento positivo della libertà è dunque la responsabilità (concetto che approfondiremo nel prossimo paragrafo).

Le categorie appena accennate corrispondono ai tre ordini di Valori da Frankl elaborati: Valori di creazione, di esperienza e di atteggiamento. Questi servono ad aiutare l’uomo a scoprire il Senso della sua vita, e a dirigersi verso l’auto-trascendenza, chiave risolutiva per molti problemi, di carattere nevrotico o psicotico, generati dal non-Senso. L’auto-trascendenza permette alla persona di non vivere una vita fine a se stessa, ma di valorizzarla aprendola all’incontro con l’altro e con gli altri. E’ in virtù di questo assioma che la spinta dell’auto-trascendenza permette di fronteggiare anche un sentimento di vuoto esistenziale, in quanto si rivela come una modalità concreta di un “sopra-vivere”, ovvero superare l’attualità di un singolo evento passando da una “esistenza nel mondo” all’ “esistenza per il mondo”. Ecco perché, alle mie Clienti, consiglio spesso un’esperienza di volontariato: per toccare con mano chi sta peggio di noi, per acquisire un Senso e percepire il valore di cosa diamo (e quindi di come siamo) e per trascendere i propri problemi. Ma esploriamo nel dettaglio le tipologie di libertà e volontà di cui lui parla:

• Il significato della vita
In estrema sintesi (visto che il concetto permea tutto questo sottocapitolo), l’uomo riesce a trovare il significato della sua vita attraverso la realizzazione dei Valori, che possono essere di creazione, di esperienza e di atteggiamento, e che, in ordine rispettivamente crescente, conferiscono dignità alla sua umanità.

• La libertà della volontà
Secondo Frankl, la libertà della volontà è tale in relazione alla libertà della volontà umana e la volontà umana è la volontà di un essere finito. La libertà dell’uomo non significa conseguentemente che l’uomo è libero dai condizionamenti biologici, psicologici o sociologici, ma piuttosto che è libero di assumere un atteggiamento proprio nei confronti di qualunque condizionamento o situazione.

È appunto la libertà della volontà, il suo “essere liberi da, per essere liberi per”, a renderlo capace di auto-distanziamento. L’esclusiva capacità umana di auto-distanziamento si manifesta non solo nell’eroismo, ma anche attraverso l’umorismo che rende possibile un distacco di giudizio rispetto alle situazioni, alle persone e perfino nei confronti di se stessi.

• La volontà di significato
La volontà di significato prende forma nel trovare un Senso a ciò che si fa, a ciò che si esperisce e a ciò che si vive a livello emotivo, in particolare alla sofferenza.

L’essere responsabile presuppone la libertà della volontà, ma si realizza soltanto nella volontà di significato. Questa suppone la coscienza, che intuisce i significati, e la volontà, che decide di realizzarsi nei Valori. Secondo Frankl, la motivazione primaria dell’uomo è la volontà di significato, che pone l’uomo in permanente ricerca di un Senso della propria esistenza. Egli afferma: “L’uomo cerca sempre un significato della sua esistenza; egli è sempre nell’atto di muoversi alla ricerca di un Senso del suo vivere; in altre parole, è ciò che io chiamo “la volontà di significato””.

La sua concezione è nata dalla persuasione dell’insufficienza dei due concetti fondamentali delle scuole di Freud e di Adler, rispettivamente la volontà di piacere (ovvero il concetto secondo cui l’uomo è unicamente spinto dalle pulsioni) e la volontà di potenza. Né l’uno ne l’altro partivano da una vera comprensione dell’uomo poiché lo descrivono e trattano come sistema chiuso, per cui, fondamentalmente, tende a mantenere un equilibrio interno e raggiunge questo fine solo per mezzo della riduzione delle tensioni. Frankl ha una visione dell’uomo come essere a più dimensioni, che non può essere colto nella sua totalità con una sola disciplina e in un sistema chiuso.

Secondo Frankl, infatti, questi due tipi di volontà non consentono di spiegare sufficientemente i fenomeni umani, quali, per esempio, la creatività dell’uomo, che è orientata verso Valori e significati. Inoltre, egli ritiene che il principio del piacere è autodistruttivo, in quanto più si tende al piacere, meno lo si raggiunge. Infatti, nei casi di disturbi sessuali, quali l’impotenza e la frigidità, l’iperintenzione e l’iperriflessione creano dei modelli nevrotici di comportamento. Per quanto riguarda la volontà di potenza, Frankl pensa che anch’essa sia autodistruttiva, perché chi dispiega ed esibisce uno sforzo di autoaffermazione, prima o poi verrà emarginato come uno che cerca unicamente se stesso.

Ironizzando con Freud, Frankl afferma provocatoriamente “che cosa darei per essere colpito dalla paura della castrazione e non dall’interrogativo colmo di apprensione, dal dubbio tormentoso se la mia vita allora, nell’ora della mia morte, avrà avuto un significato!”. Questo infatti è il vero problema dell’uomo. Nessuna situazione della vita è realmente priva di significato.

Dunque, secondo Frankl, il piacere, in realtà, è l’effetto della realizzazione di un significato, invece di essere il fine della tensione dell’uomo. La potenza, a sua volta, anziché essere la fase finale, è in realtà il mezzo per un fine. Perciò non si dovrebbe esaltare troppo il potere della volontà e insegnare una sorta di volontarismo. “Non si può comandare alla volontà – egli scrive -, non posso voler volere. E provocare la volontà di significato vuol dire lasciare che il significato risplenda da se stesso”.

Nel momento in cui, però, dovesse venir frustrata la volontà di significato, l’uomo ricade nell’auto-osservazione, e si adopera per la ricerca di piacere (principio di piacere di Freud) o di successo (volontà di potenza di Adler) fine a se stessi, trovandosi in una situazione di frustrazione esistenziale, che dà luogo ad uno stato diffuso, a diversi livelli della personalità, di vuoto esistenziale.

Frankl prende le distanze anche nei confronti del concetto di autorealizzazione di A. H. Maslow. In primo luogo, l’autorealizzazione non è lo scopo ultimo dell’uomo. Essa è solo l’effetto del compimento di un significato. Solo l’esistenza che realizza fuori di sé può realizzare se stessa. Prendendo l’esempio del boomerang, Frankl osserva: “un’eccessiva spinta verso l’autorealizzazione può costituire la strada verso la frustrazione della volontà di significato”. Cioè, secondo le proprietà del boomerang, “esso ritorna verso il cacciatore quando ha sbagliato obiettivo non colpendo la preda”. Ebbene, “allo stesso modo l’uomo si richiude nell’auto-realizzazione quando naufraga la realizzazione del Senso, quando cioè non è più in grado di trovare un significato che valga la pena di realizzare”» (Fizzotti – Scarpelli, 2005, 32).

In secondo luogo, Frankl ammette che Maslow, pur riconoscendo alla volontà di significato la qualifica di motivazione primaria, la colloca tra i bisogni superiori dell’uomo, per realizzare i quali “il soddisfacimento dei bisogni inferiori è condizione necessaria”. A questa tesi egli contrappone due esperienze, apparentemente contraddittorie: da una parte, il mancato soddisfacimento dei bisogni inferiori non impediva agli internati del Lager di cercare il significato della loro sofferenza e della loro morte; dall’altra, l’esaudimento esagerato dei bisogni inferiori faceva diventare più struggente la domanda di significato: per esempio, l’alcolismo, la diffusione del suicidio, della droga e della aggressività non di rado sono radicati nella sensazione della mancanza del significato. In base alla considerazione delle due esperienze, Frankl ritiene che la volontà di significato “rappresenta una motivazione sui generis non riconducibile ad altri bisogni né da esse derivabile”.

Solo chi crede nella sua “volontà di significato” può costruire una gerarchia di Valori tale da assegnare al piacere e alla potenza, all’autoaffermazione e alla soddisfazione dei propri istinti il loro vero posto, che è quello di essere prodotti laterali, effetti di una realizzazione del Senso della propria esistenza.

Per adempiere in maniera positiva alla ricerca del vero significato della propria esistenza, l’uomo deve altresì essere conscio, ovvero capace di innalzarsi al di sopra di se stesso giudicando e valutando i propri atti in termini morali ed etici, tramite l’auto-distanziamento.

Vale a dire che, secondo Frankl, l’uomo può auto-distanziarsi da una situazione ed anche da se stesso. In tal modo, oltre ad essere capace di scegliere il suo atteggiamento nei confronti di se stesso, assume una posizione chiara e ben definita nei confronti dei suoi condizionamenti e determinismi somatici e psichici. Ciò che conta non sono le caratteristiche, gli stimoli e gli istinti del nostro carattere, ma l’atteggiamento che noi abbiamo nei loro confronti. È proprio questa capacità che rende l’uomo diverso dall’animale.

L’auto-distanziamento, all’interno di questo tipo di percorso esistenziale, assume la forma di un passaggio “obbligato”. Perché, secondo Frankl, avere un atteggiamento costruttivo e risolutivo nei confronti dei fenomeni somatici e psichici “implica il sollevarsi al di sopra del loro livello, e schiudere una nuova dimensione, quella dei fenomeni noetici: la dimensione noetica, in contrapposizione alla dimensione biologica e a quella psicologica. Questa è la dimensione in cui sono localizzati i fenomeni esclusivamente umani”.

Con l’espressione “dimensione noetica” si indica, in logoterapia, la dimensione dello Spirito. Ecco una delle ragioni per cui sento profondamente questo autore, perché parla di qualcosa che amo con la stessa intensità, il Counseling dell’Anima. Per questo non posso fare a meno di portarlo ai miei Clienti (e trovo che la Logoterapia ne sia il mezzo più efficace), che probabilmente è quello che cercano e di cui hanno bisogno, se scelgono, anche inconsciamente ed energeticamente, di venire da me…

– Dover-essere e Responsabilità
La responsabilità ha due riferimenti intenzionali. Si riferisce ad un significato del cui compimento siamo responsabili, e anche ad un essere dinanzi al quale siamo responsabili. È anche importante comprendere che “solo chi sente nel proprio cuore agitarsi la consapevolezza di vivere nell’unicità e nella responsabilità, può aprirsi con gioia alla novità dell’esistenza, all’originalità del momento presente e all’attenzione agli altri”.

Con la voce della coscienza l’uomo è in grado di percepire quale Senso si celi in una situazione e di agire conseguentemente con responsabilità. “In un’epoca in cui sembra che i dieci comandamenti stiano perdendo la loro validità incondizionata per molti uomini, l’uomo deve imparare a percepire i diecimila comandamenti che sorgono dalle diecimila situazioni uniche di cui è costellata la vita”.

Ciò vuol dire essere interpellati continuamente dalla realtà, dalle situazioni in cui ci si trova e che chiedono una risposta. Ecco perché John F. Kennedy, il 20 gennaio 1961, nel discorso di insediamento alla presidenza degli Stati Uniti d’America, ai suoi compatrioti disse: “Non chiedetevi che cosa potrà fare per voi il vostro paese, ma che cosa potrete fare voi per il vostro paese”. Che trasposto alla Logoterapia potrebbe divenire: “non chiedetevi che cosa la Vita può fare per voi, ma come voi potete collaborare al Piano Generale dell’Esistenza per mezzo dei vostri doni e dei vostri talenti”.

E quasi di rimbalzo, Frankl consigliava ai suoi uditori americani: “Dopo aver costruito la Statua della Libertà sulla costa orientale, sarebbe di costruire la statua della responsabilità sulla costa occidentale”. Perché “la nostra vita non è regolata ad ogni incrocio da una luce rossa che dice di fermarsi o da una luce verde che dice di andare avanti. Viviamo in un’epoca di luce gialla lampeggiante, che lascia all’individuo il peso della decisione”. (Fabry, 1970, p. 80). Il che significa che Vivere, in ultima analisi, vuol dire avere la responsabilità di “rispondere” esattamente ai problemi vitali, di adempiere i compiti che la vita pone a ogni singolo, di far fronte alle esigenze dell’ora. Considerato dal punto di vista sia esistenziale che essenziale, l’uomo è dunque un essere finito che continuamente deve passare dal suo essere al suo dover-essere, per cui in lui non si dà coincidenza tra l’essenza e l’esistenza.

Nel processo della ricerca di Senso la coscienza assume una funzione fondamentale in quanto, così come la definisce Frankl, “istinto etico, […] che è in grado di armonizzare la legge morale ‘eterna’, concepita in forma generale, con le concrete e singolari situazioni di una specifica persona”, e dunque di rendere personale il significato della vita. Essere conscio, difatti, consiste nella capacità, da parte dell’uomo, di innalzarsi al di sopra di se stesso giudicando e valutando i propri atti in termini morali ed etici.

– Il Potere della Sofferenza (Le modalità di aiuto al Paziente)
Nell’ottica della logoterapia frankliana il significato della sofferenza acquisisce un’importanza di rilievo. Per dare Senso al dolore è necessario ricorrere alle risorse dell’Homo Patiens, riconciliandosi con il dolore come dimensione inevitabile dell’esistenza, la quale invita a sostituire i Valori dell’avere con quelli dell’essere e a tramutare il soffrire in occasione per praticare l’amore più profondo. È attraverso i Valori di atteggiamento che l’Homo Patiens è in grado di sopportare la propria sofferenza e di viverla come mezzo di realizzazione del significato della propria vita.

I compiti che l’uomo è chiamato a realizzare vanno in una triplice direzione: il lavoro, l’amore e la sofferenza. Se nel lavoro l’uomo può manifestare se stesso dando alla realtà la sua personale impronta, se nell’amore egli può vivere le più forti e intime esperienze, nella sofferenza si manifesta la sua grandezza, perché solo in essa si trova tragicamente messo a confronto con se stesso, con la sua capacità non solo di lavorare e di godere, ma di soffrire.

L’uomo ha il diritto alla vita, al lavoro, alla gioia, alla pace; ma ha anche un fondamentale diritto che nessuno può toglierli, a nessun costo: il diritto di soffrire il proprio dolore, di inondare di Senso anche una vita apparentemente distrutta, economicamente infruttuosa. La sofferenza “non rappresenta semplicemente una possibilità qualsiasi, bensì la possibilità di attuare il supremo valore, l’occasione per conferire pienezza al significato più profondo della vita”.

A tal proposito non posso fare a meno di ricordare una delle sessioni di supervisione più significative ed istruttive della mia brevissima “carriera” professionale. Dinnanzi all’immenso dolore di una Cliente, corsi, anche io in lacrime, dal mio Maestro dichiarandomi assalita dall’angoscia del senso di impotenza (e evidentemente anche da un’eccesiva empatia che senza dubbio celava il risuonare della mia sofferenza esistenziale con la sua). Ancora una volta la mia “crocerossina interiore” era impossessata e travolta, molto poco lucidamente, dall’esigenza e dall’aspettativa di lenire quel dolore, di salvare a tutti i costi quella donna dal dolore e anche in brevissimo tempo. A Loris bastarono una manciata di parole per farmi metabolizzare immediatamente quella preziosa lezione che, da allora, ebbe il potere di cambiare per sempre il mio approccio al dolore dei/delle Clienti: “chi sei tu per togliere a queste persone l’immensa dignità e il grande insegnamento che solo il Dolore può donare?” (non intraprendo in questa sede la descrizione della diversa accezione che adduco a Dolore e sofferenza, sebbene li abbia appena trattati da sinonimi, poiché rischierei davvero di imboccare l’ennesima tangente).

Anche secondo Frankl ogni terapeuta dovrebbe avere coscienza del bisogno che l’uomo ha di dare significato alla propria vita aiutando il paziente a prenderne coscienza, soprattutto a convincersi che la vita non cessa di avere un significato neppure in mezzo alle sofferenze, anzi è proprio la sofferenza ad offrire la possibilità di realizzare il significato più elevato, il più alto valore possibile. Ecco perché l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe II nel 1784 volle che sull’entrata del Policlinico di Vienna fosse riportata la frase latina: “Saluti et solatio aegrorum”. Perché chi si fa carico della salute fisica e psichica di un altro è anche chiamato ad aiutarlo a sopportare con accettazione e comprensione le inevitabili sofferenze che la vita gli riserva e a riacquistare non solo la capacità di lavorare e di godere, ma anche quella di soffrire.

La teoria di Frankl partiva dal presupposto che il medico ha come compito non solo quello di guarire il paziente, ma anche di aiutarlo ad acquistare la capacità di sopportare la propria sofferenza. E ciò attiene alla capacità di elaborare i Valori di atteggiamento, cioè come l’uomo si pone di fronte alla colpa, alla morte, alla malattia e alla sofferenza.

Suicidio, religione e infine psicosi. Sarebbero le diverse forme di scappatoia attuate da un malato grave, per esempio di cancro. Frankl afferma che la cura medica dell’anima è compito del medico generico per i malati incurabili, come del gerontologo che cura gli anziani o l’ortopedico di fronte ad uno storpio. Ogni medico si trova di fronte a pazienti posti sovente davanti a un destino immutabile e inevitabile. Confortare e cercare di guidare il malato verso nuovi significati non è compito solo della psichiatria, ma di qualsiasi medico. L’American Medical Association pone proprio questa mission nel suo Statuto!

Il significato lo deve trovare il paziente: il medico non può dare un Senso alla vita del paziente, ma lo aiuta a trovarlo, lo assiste, lo accompagna. E il paziente lo ritrova attraverso la coscienza ovvero l’organo di significato. La coscienza è la capacità intuitiva di scoprire il significato unico e singolare di ogni situazione. Il significato è anche relativo: non solo ad personam ma ad situationem, cioè muta di giorno in giorno. Fino all’ultimo momento della sua vita l’uomo non potrà sapere se effettivamente ha realizzato il significato della sua vita.

Eppure, tornando a parlare di società americana, c’è qualcosa di interessante da notare. Frankl cita alcuni studi secondo cui l’americano cerca scappatoie dinanzi alle difficoltà con un’intolleranza di fronte ai problemi che lo proietta in un circolo diabolico che accresce la sua sofferenza. La cultura americana, che poi simboleggia anche tutta la cultura moderna occidentale (quindi anche la nostra), sarebbe dunque l’opposto di quella spartana, quella antica, che i problemi li affronta. Ebbene, la logoterapia potrebbe essere un correttivo salutare di fronte a questa mentalità orientata verso l’igiene mentale ma in fuga e alla ricerca di scappatoie. Un sostegno, a mio parere, anche nell’educazione ai figli della nostra epoca, così poco “addestrati” alla resilienza. E così poco formati a convivere con il dolore ed il fallimento. Ma d’altronde, sapendo bene che i bambini non fanno quello che si dice loro, quanto piuttosto imitano il comportamento degli adulti, di certo non sono biasimabili considerando che spesso hanno in casa dei genitori che al minimo disagio ingoiano la pillolina magica.

Frankl afferma che, in realtà, anche nel passato esisteva la frustrazione esistenziale con la differenza che gli uomini non andavano a cercare il medico, bensì il sacerdote. Come già detto, la frustrazione esistenziale è tipica dell’uomo che si chiede del suo proprio significato, e non necessariamente è patogena. Solamente in certe condizioni può condurre a nevrosi ma non ogni nevrosi si radica in un conflitto di coscienza o in un problema di valori, o nel problema di Dio. Ogni malattia ha il suo significato, ma il vero significato della malattia non risiede là dove si pretende di cercarlo. Risiede nel “come” si soffre. Si tratta perciò di dare significato alla malattia: è ciò che fa l’Homo Patiens quando scopre la possibilità di significato che racchiude una sofferenza imposta dal destino.

– Trasformare il Dolore in Prestazione
Frankl parla anche della “tragica triade dell’esistenza umana, formata dal dolore, dalla colpa e dalla morte”. Ma: “il dolore si può trasformare in prestazione, la colpa in elevazione, la transitorietà dell’esistenza umana in stimolo per un agire responsabile”. In altri termini, questa triade negativa composta da sofferenza/morte/colpa può essere tramutata in una conquista solo a patto che si assuma nei loro confronti un atteggiamento giusto grazie ai citati Valori di atteggiamento.

Solo l’atteggiamento giusto che l’uomo assume di fronte ad un destino inevitabile gli consente di testimoniare ciò di cui solo l’uomo è capace: trasformare il dolore in una prestazione. E’ questo il cardine della “Psicologia dell’Altezza”: l’uomo, pur essendo determinato, cioè sottoposto a condizionamenti di vario genere, sia di carattere biologico, psicologico che sociologico, pur cioè non essendo libero completamente, tuttavia conserva una libertà positiva: è libero per qualcosa che gli consente di prendere posizione nei riguardi di ogni condizionamento.

“Essendo sopravvissuto ai lager nazisti so fino a che punto l’uomo resta libero e fino a che punto può innalzarsi al di sopra di qualsiasi condizionamento. So fino a che punto può opporsi a circostanze esteriori grazie alla forza di reazione dello Spirito”. La psicologia dell’altezza aggiunge perciò alla volontà di piacere, tipicamente umana, anche la volontà di significato.

L’uomo cerca sempre un significato, finché vive. Anche il suicida crede in un significato se non della vita, almeno della morte. Se non credesse in alcun significato allora non potrebbe muovere neppure un dito e non potrebbe nemmeno pensare al suicidio.  De profundis qualcosa erompe sempre, come il malato che lotta fino alla fine e spera (a che pro?) o gli atei convinti – osservati da Frankl – che dopo aver categoricamente negato per tutta la vita qualcosa di superiore, sul letto di morte sentivano di morire di fronte a “Qualcosa” se non “Qualcuno”.

– Il capolavoro letterario di Frankl
Trattando di sofferenza, uno dei testi in cui Viktor Frankl presenta in maniera più esaustiva ed efficace la teoria della Logoterapia è il suo libro: “Alla ricerca di un significato della vita”, un potente trattato di memorie psicologiche e di riflessioni sull’esperienza dell’autore ad Auschwitz.

In modo apparentemente paradossale, è stato invero proprio nel periodo di tragedia e sofferenza senza Senso che Frankl ha potuto dare Senso all’esperienza umana e documentare ed esplorare la ricerca universale di Senso come mai era stata articolata prima di allora. Questo testo è difatti il distillato della sua esperienza di uomo sfuggito agli orrori dei campi di concentramento, capitolo di vita che gli permise di studiare sulla sua pelle le reazioni dell’internato e le vie di fuga proprio tramite la ricerca del significato.

Frankl fornisce prove pratiche e teoriche della sua verità. “Chi ha un ‘perché’ per vivere può sopportare quasi qualsiasi ‘come’”, ha scritto Frankl, citando Nietzsche. Frankl non parlava solo a parole per difendere il potere dell’ottimismo e del Senso di proposito: aveva sperimentato il peggiore ‘come’ possibile, vivendo ad Auschwitz e perdendo padre, madre, fratello e moglie incinta nei campi di concentramento; tutta la sua famiglia, tranne la sorella.

E’ qui che, in maniera molto credibile, egli sostiene che l’impulso fondamentale dell’uomo è trovare “il significato potenziale della vita in qualunque tipo di condizioni”. E’ qui che egli scrive: “La vita non diventa mai insopportabile a causa delle circostanze, ma solo per la mancanza di significato e di proposito”… “ed è il significato – e non il successo o la felicità – la ricerca che conduce la vita umana”.

Frankl ha teorizzato che proprio collegandosi a questo Senso di proposito i sopravvissuti all’Olocausto sono riusciti a superare quella prova estrema. Il grande psichiatra viennese aveva dedotto la sua teoria proprio osservando che si salvò chi era riuscito a darsi un ideale e un significato. Per questo motivo, anche nelle peggiori circostanze immaginabili, Frankl mantiene la convinzione per cui lo spirito dell’uomo può elevarsi al di sopra di tutto ciò che lo circonda: “Quando non riusciamo a modificare una situazione, abbiamo la sfida di cambiare noi stessi”, ha scritto.

Nel suo testo, Frankl ribadisce che, anche quando tutto il resto gli è stato tolto, l’uomo mantiene la sua ultima libertà: quella di “scegliere quale atteggiamento assumere in una determinata serie di circostanze”. Questa idea per cui l’uomo può superare le circostanze attraverso l’atteggiamento risale agli antichi filosofi stoici e permea ancora oggi gran parte del nostro attuale concetto di resilienza.

Com’è allora possibile che Frankl, confrontato con la propria morte e con l’esecuzione brutale degli altri, potesse pensare che la vita valeva la pena? Frankl afferma che è “la volontà di Senso” dell’uomo che gli permette di resistere alla sofferenza senza Senso e al dolore. La vita è anche sofferenza, e per avere qualche speranza di sopravvivere o di prosperare dobbiamo trovare Senso in questa sofferenza. Prendiamo la decisione di andare avanti, di continuare a procedere vivendo la nostra vita ogni giorno perché crediamo che esistano un proposito maggiore e un senso di responsabilità nella nostra vita, che la nostra sofferenza non sia vana.

Per Frankl, le persone care, la religione, il senso dell’umorismo e anche il potere curativo della natura possono dare all’individuo un Senso di significato in periodi di grande sofferenza. Frankl crede che optare per le risate e il senso dell’umorismo ci aiuti a “elevarci in qualsiasi situazione”. “Lo sforzo per sviluppare un senso dell’umorismo e vedere le cose da una prospettiva umoristica è un trucco imparato quando si impara l’arte di vivere”, scrive Frankl. “Ed è possibile praticare l’arte di vivere anche in un campo di concentramento, dove la sofferenza è onnipresente”.

Il Senso può venire da varie fonti, ma nessuna è più potente e più trasformatrice dell’Amore: “La verità è che l’Amore è l’obiettivo finale e più alto a cui l’uomo può aspirare. Ho allora capito il significato del maggior segreto che la poesia, il pensiero e la crescita umana possono rivelare: la salvezza dell’uomo viene attraverso l’Amore e nell’Amore”. Pensare alla sua amata – scrive – permette che un uomo conosca la felicità per un istante, anche quando tutto il resto gli è stato tolto. Se c’è una conclusione che può trarsi da “Alla ricerca di un significato della vita” è che l’Amore è il nostro più grande obiettivo possibile.

Nella sua prefazione all’edizione del 1992, Frankl ha implorato il lettore di seguire la sua coscienza al di sopra di tutto: “Non amare il successo. Quando più lo ami e lo prendi come un obiettivo, più ti allontanerai da lui. Il successo, così come la felicità, non può essere perseguito; deve accadere, e accade solo come effetto collaterale di una dedizione personale a una causa più grande di se stessi o come prodotto della dedizione a una persona che non è se stesso. La felicità deve accadere, e lo stesso vale per il successo: devi lasciarla accadere anziché preoccuparti per lei”.

Ma questa sua opera, oltre a contenere tutta la visione psicanalitica di Frankl, apre squarci molto importanti anche sulle etiche di fine vita e sembra quasi postulare l’importanza di un accompagnamento del malato alla buona morte intesa come accettazione del proprio limite. Le équipe di cure palliative troverebbero Frankl pienamente consenziente.

Al momento della morte di Frankl, nel 1997, erano stati venduti più di 10 milioni di copie del libro, che già si usava come libro di testo in corsi e facoltà ed era stato ristampato 73 volte e tradotto in 24 lingue, secondo il necrologio di Frankl sul New York Times.

– Conclusioni
Il logoterapeuta deve tentare di far sì che il paziente guardi alla vita come un dono ma allo stesso tempo come un compito (Fizzotti, 2003, 7) attraverso il quale possa gioire del bene di cui la sua vita può godere, nei confronti della quale, però, ha la responsabilità – come persona e quindi nel rispetto per sé e per l’altro dinanzi a sé – di cogliere il Senso più intimo ad essa correlato, da vivere nell’adempimento dei Valori principi del proprio cammino di uomo. E ovviamente io estendo questo “compito” (che personalmente sento molto intimamente) al Counselor nei confronti del suo/sua Cliente. Per questo non concludo mai un percorso di Counseling senza aver trasmesso i principali dettami della Logoterapia, ideata da Frankl proprio come intervento concreto per aiutare a ritrovare il Senso della propria esistenza.

Dinanzi ad una persona che non ha ancora colto il Senso della propria vita è opportuno ricordarle, seguendo il monito di Goethe, che è importante non analizzarsi ma agire svolgendo come dovere ciò che ogni giorno le è chiesto di fare. La vita intera è un’azione mirante all’obiettivo generale, ragion per cui, se è ben definita la mèta globale, v’è il Senso della vita ed esso appare ben chiaro (Fizzotti, 2005, 52).

In definitiva, la Logoterapia, o analisi esistenziale frankliana, attua un’ampia apertura nei confronti di tutta la realtà circostante, senza alcuna esclusione, bensì, con l’obiettivo, attraverso un cammino personale (una dinamica evolutiva si elabora creandosi certezze nel presente – tramite l’impegno – e significato per il futuro – tramite la progettualità) di porre le basi per il raggiungimento del benessere esistenziale, non chimera illusoria ma speranza concreta.

Una terapia senz’altro concreta per me, visto che ha contribuito enormemente alla mia “guarigione” dalla co-dipendenza affettiva. Quindi mi trovo nuovamente a trasmettere qualcosa che conosco con cognizione di causa perché l’ho sperimentato sulla mia pelle e non solo perché l’ho appreso da un libro. Questo è il Counseling più efficace secondo me.